Drizzate le Ardenne.

Liegi-Bastogne-Liegi = Carenno-Barro-Colle.

Tempo da Ardenne, tempo da lupi.
Quello meteorologico, intendo. Cazzo.
Chiedo venia per il torpiloquio, ma non venite a dirmi che questo meteo è consono ad aprile in Italia, eh.
E hai voglia a spiegarlo a quelli del “meteo” appunto: per loro è tutto un “normale turbolenza primaverile”. Ma quale normale? Ma, ragazzi, ma ci rendiamo conto che ad aprile ci son stati quattro giorni quattro di tiepido sole? E che l’anno scorso in questi tempi scollinavo, come fosse pettinar le bambole, i 2.500 m. di dislivello ad uscita?
Eh, o vogliamo parlare di “normale avvicendamento di sole e nubi tipicamente primaverile”?
No che non vogliamo. Proprio no. Evvia, dai…
Ecco, la “Settimana delle Ardenne” la  chiamano: quella in cui in Grande Nord diviene protagonista, con i suoi furori climatici, lì sì tipicamente primaverili con tanto di neve, acqua e ventaccio perfido, della stagione dei pro.
Dicesi settimana delle Ardenne quella che va dalla Amstel Gold Race alla Liegi-Bastogne-Liegi, alla Freccia-Vallone. Insomma, un’overdose di Paesi Bassi. Dove di basso non c’è proprio un bel niente, fatta salva, of course, la pressione atmosferica, ma tant’è. Strappi micidiali, muri in pavé, costanti falsopiani, crampi da lupi. Questo il minestrone, condito con pepe, di queste gare, bellissime, e cattivissime. In the Hell of the North.
Ecco, mi pare che la mia di settimana, ma, farei meglio a dire, di mese, non si siano discostati da questa ricetta. Succulenta, intensa, non certo un brodino insipido, intendiamoci. Ma certo non l’aprile che io sognavo. Fatto di braghe corte, niente manicotti, al massimo una mantellina leggera da indossare per scendere in picchiata da oltre i mille metri.
E invece.
Invece capita che per uscire devo inventarmi mezze giornate o qualche ora, in cui non ci siano i nembi, la grandine, fiananco la neve a farla da padroni.
E ci riesco. Ma che fatica, signori miei. Che fa ti ca.
Ora, venendo al sodo e riassumendo le uscite della settimana passata.
Martedì agilità, pianura, e poi forza, a perdifiato controvento. Lungo il Naviglio, aria frizzante, ma qualche raggio di sole. 70 km, di primo mattino, prima dell’office.
Sabato uscitona brianzola a caccia di dislivello, sotto i mille metri, ove la neve l’ha fatta da padrona (In Val Seriana venerdì ha nevicato a 700 metri di altitudine, pare).
Ne vien fuori una bella e corposa uscita, in compagnia degli Shleck, più di fondo che di dislivello puro, a dire il vero: 152 km e 2.100 m. di dislivello.
Ottimo lo stato di forma di Daniele-Andy Schleck, che si invola sui tornanti di Carenno e del Monte Barro come fossero burro e marmellata.
Rasoiate finali, quelle del Lissolo, sempre “piacevoli”.
Rientro, via Casatenovo, as usual, in modalità “a tuono”, tra raffiche di vento e nuvole che tornano rapide a impadronirsi del cielo milanese (a sera, plumbeo per nuove simpatiche secchiate in modalità Hell of the North).
Meglio che niente, intendiamoci.
Ma la Novecolli bussa alle porte. E taccio della Sportful.
In mezzo c’ho un trasloco.
Ardenne drizzate.