Storie di mala milanese.

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Strette di mano pericolose, sabato, lungo il Naviglio.

I Milanesi ammazzano al sabato. E sabato fu.
L’incontro fatidico, casuale ma mica tanto, avvenne.
Nei pressi della Canottieri, lungo il corso d’acqua che gli spietati nocchieri della Milano più malfamata e pericolosa della pedivella usano percorrere nelle loro scorribande senza preavviso. Lungo la strada del rientro, quando le endorfine stanno già facendo il loro porco dovere, quando ti appresti a rivestire i panni del comune cittadino, ecco che proprio allora, il ciclista pericoloso incontra il boss dei Manetta (se, arrivati a questo punto, vi state chiedendo “Manetta? Che d’è?”, vi rimando qui, oltre che a settembre).
Giubba bianca con teschio incastonato nella corona centrale, simbolo della Milano Manetta, per lui. Sobrio completino campagnolo doc, sciancrato, per l’altro.
E poi, stigmate come cicatrici su ogni parte del corpo: il Manetta dei Manetta possiede delle placche chiodate nell’anca, svariati sfregi sulle gambe, e ha al suo attivo infinite cadute. Ciò che non l’ha distrutto, l’ha reso più forte. E cattivo. Corsaro dei pignoni, egli vive la doppia vita che ogni ciclista che si rispetti è destinato a vivere: di giorno in comodi panni dell’uomo della porta accanto, di notte (leggasi durante le uscite) quelli del ciclista maledetto. Drogato del proprio sport, malato di endorfine. Degno della penna maledetta di Easton Ellis.
I due destrieri si fermano, stretta di mani, massimo rispetto. Era destino, sì. Io non credo al caso, sento le cose nell’aria. Le trame pericolose nel mondo del reggisella integrato sono destinate a intrecciarsi tra loro.
Come due membri di gang diverse, o due boss mafiosi, uno ancora in erba, l’altro ben più navigato, l’incontro per il controllo del territorio avviene.
Stretta di mano, sguardi che scorrono rapidi al movimento centrale e al pacco pignoni altrui, ancora fumante, poi via: le mogli chiamano all’adunata nelle reciproche magioni.
Promesse di incontri pericolosi da reiterare a breve, lungo le lande brianzole.
Tornando a noi. Poca cosa, sabato mattina: 60 km, un paio d’ore circa, pianura, agilità. Poco il tempo. Brutto il tempo: piove che Dio la manda un giorno sì, l’altro pure.
Ancora lontani e assonnati, i profili del Giau e del Barbotto.

Totale distanza: 60 km (pianura)